Giosuè Research Group è un istituto di ricerca multidisciplinare che, attraverso lo studio e la pratica di antiche discipline, appartenenti alla tradizione di culture e civiltà diverse, propone un cammino verso la piena realizzazione dell’individuo, sotto il profilo Fisico, Culturale, Emotivo e Psicologico.

Le discipline oggetto di studio, ricerca e pratica proposte dal GRG ci parlano di un mondo del passato che non è scomparso, ma che continua a vivere e insegnarci qualcosa: le Arti Marziali, il Canoismo, il Tiro con l’arco, ecc. non vissuti come sport, bensì come attività dell’Uomo ci consentono di unire l’esperienza personale di praticante all’indagine antropologica e questo aiuta l’individuo a realizzare quell’unione mente-corpo che è la base per l’accrescimento spirituale.

Se l’INDAGINE ANTROPOLOGICA, infatti, ci consente di comprendere i comportamenti sociali (e il pensiero che li sovraintende) di civiltà diverse e le differenze culturali tra gruppi di umani, ci consente altresì di comprendere gli archetipi della natura umana, superando la passata concezione basata sull’opposizione tra Natura e Cultura; “la cultura fa in realtà parte della natura umana: ogni persona ha infatti la capacità di classificare le proprie esperienze, di codificare simbolicamente tali classificazioni e di insegnare tali astrazioni ad altri. Poiché la cultura viene appresa, le persone che vivono in luoghi differenti avranno differenti culture”; tuttavia è possibile cogliere una “tensione tra l’ambito locale (le culture particolari, il folklore) e l’ambito globale (la natura umana universale, ovvero la rete di connessioni che unisce le persone di luoghi diversi).”

La PRATICA è un atto rituale che consente l’accesso a una dimensione spirituale; movimento corporale come mezzo per la trasformazione interiore.

La sfera fisica e la sfera emotiva sono collegate in maniera circolare, cambiamenti nell’una ne produce nell’altra; caldo e freddo, leggerezza e pesantezza, espansione e contrazione, espirazione e ispirazione interagiscono e si susseguono a creare una danza armoniosa che produce cambiamenti, dissolvendo il senso limitato di sé.

Lavorare con il proprio corpo e attraverso esso è uno strumento di catarsi e di estensione della propria coscienza, sviluppando una consapevolezza più profonda di sé, un altro modo di sentire e percepire la realtà e di rapportarsi a essa.

Una preparazione multidisciplinare ed eterogenea, inoltre, sviluppa una visione complessiva e contribuisce alla formazione caratteriale e psicologica dell’Uomo che vuole essere, non un individualista ma un individuo utile alla società; rende, infine, l’individuo versatile nelle diverse situazioni, così da avere sempre una vasta gamma di soluzioni possibili in ogni circostanza e adattabile all’ambiente.

Praticare, dunque, non per imparare a farlo e, successivamente per eccellervi, bensì per sviluppare attitudini adattative, psicomotorie, complessive e non specialistiche a favore di un rinnovato rapporto con l’ambiente e con se stessi.

Versatilità e Despecializzazione per promuovere uno sviluppo caratteriale e spirituale.

Discipline, quindi, non sport, come veicoli con i quali l’individuo può imparare a rivolgere lo sguardo al proprio interno anziché all’esterno, trascendendo ogni preoccupazione esteriore riguardo la performance sportiva; questa forma mentis si trasferirà spontaneamente e gradualmente nel quotidiano donandoci una nuova coscienza e consapevolezza: superare e abbandonare tutte le illusioni e l’ego, liberandoci dai dualismi.

Il risultato, la performance, l’apprezzamento altrui sono appagamenti che vengono dall’esterno, quindi effimeri e illusori; l’autorealizzazione e la fiducia in se stessi provengono dall’interno e sono autentiche. Non si può sperare di trovare se stessi quando la propria ricerca è ostacolata dal desiderio dell’apprezzamento altrui e dal risultato a ogni costo.

Tecnica e abilità sono le basi necessarie, non  bisogna indugiare oltre, però, su vuoti manierismi, occorre andare oltre per far maturare una certa struttura mentale che non ha nulla a che vedere con quella che qualcuno definisce miopia dell’agonista.

Tutto ciò che è stato raggiunto è soltanto un esercizio preliminare per le conquiste a venire, e nessuno –nemmeno chi ha raggiunto la perfezione- può dire di essere arrivato alla fine.

                                                                                                                           (Eugen Herringel)