L’arco è uno degli strumenti più antichi usati dall’uomo, per la caccia e per la guerra; caduto in disuso nel XVII secolo con la diffusione delle armi da fuoco, è tornato in auge nel XX secolo come sport o come training mentale.

Esiste un’incredibile varietà di forme e relative tecniche d’uso, tante quante sono le civiltà che l’hanno prodotto; in questo senso chi voglia usarlo e studiarlo secondo la concezione del GRG può, nel senso più pieno, unire l’esperienza personale di praticante all’indagine antropologica.

Tra le tante tipologie di arco prodotte in luoghi e in tempi diversi potremmo sintetizzarle e raggrupparle in quattro categorie: DRITTO, il modello più antico e semplice, tipico dei popoli dell’Amazzonia e dell’Inghilterra a partire dal XII secolo; A DELTA, piccolo e molto potente, usato dai popoli mesopotamici e in Egitto; ASIMMETRICO, tipico arco giapponese ancora oggi usato nel Kyudo; RICURVO, può essere Riflesso, con i flettenti piegati verso il bersaglio, tipico dell’Asia ed è il modello ancora oggi usato nelle competizioni sportive o Deflesso, con i flettenti piegati verso l’arciere, usato in gran parte dell’Africa.

Arco 1

 L’arco può essere inoltre: semplice o composto; il primo è realizzato in un unico pezzo, utilizzando un solo tipo di materiale, il secondo è costruito con materiali diversi a seconda delle differenti parti dell’arma.

Naturalmente, questa, come tutte le classificazioni ha un valore solo didattico e, se vogliamo limitativo; esiste una grande varietà di archi, come detto sopra, che sfuggono a questa classificazione o che hanno una struttura che include elementi delle quattro diverse categorie elencate; tuttavia se non ci si sofferma e non si rimane limitati da questo schema, la classificazione proposta può essere un buon punto di partenza per una personale ricerca antropologica.

Sembra che l’arco inizi a essere usato dall’Uomo alla fine del Paleolitico Superiore (120.000 – 20.000 anni fa), quando, con il disgelo dell’ultima glaciazione si estinguono gli animali di grossa taglia e i nostri progenitori iniziano a cacciare con gli archi; strumenti più agili ed efficaci per piccole prede rispetto alla lancia, più adatta a uccidere molossi.

Arco 3Oltre che da pitture rupestri, questo è documentato dal ritrovamento della più antica tipologia di arco, rinvenuta in Danimarca; gli archi qui ritrovati e datati al 7400 a.C., (periodo di transizione tra Mesolitico e Neolitico), erano composti da una singola asta di olmo, con impugnatura rigida e flettenti appiattiti e larghi, di una lunghezza variabile tra i 150 e i 180 cm; la scelta del legno, le modalità costruttive e i dettagli ci dicono che nel VIII millennio prima di Cristo l’arma era già a un certo livello evolutivo.

Questo strumento di prima generazione sembra abbia origine nel Nord Africa per poi diffondersi in ogni continente o, più probabilmente, si sviluppò ovunque con le stesse caratteristiche; come per ogni questione di storia e archeologia si contrappone la teoria “antropocentrica” a quella “policentrica”, la questione non è stata ancora risolta e studiosi dell’uno e dell’altro fronte continuano a motivare con valide argomentazioni le loro ipotesi.

L’arco in questione può essere fatto rientrare tra quelli Diritti, secondo la classificazione sopra proposta; l’evoluzione portò in periodi successivi alla comparsa di archi Ricurvi, più corti ma più potenti grazie ai flettenti curvi, quindi più adatti a essere usati a cavallo o su un carro da guerra; questa tipologia era principalmente appannaggio dei popoli asiatici.

Altra distinzione importante da sottolineare è che gli archi orientali generalmente erano “composti”, mentre quelli occidentali “semplici”.

In epoca greca e romana è usato principalmente come arma da caccia; fa la sua comparsa sui campi da battaglia quando i Romani, nel I sec. a.C. decisero di assoldare arcieri Parti per difendere i confini dell’Impero dai Germani; resta comunque poco usato.

Nella tradizione europea si deve la sua diffusione ai Sassoni, ai Franchi, ai Normanni e ai Vichinghi, ma per tutto l’Alto Medioevo l’arco non presenta grandi innovazioni in quanto poco usato, per poi trovare nuova linfa nel Basso Medioevo, in particolare a opera dell’Inghilterra.

Il popolo che contribuì maggiormente, nel mondo anglosassone, all’evoluzione dell’arma fu quello del Galles, che avendo adottato l’arco lungo dei Vichinghi, i quali dopo raid e razzie attaccando dalla costa con grandi lanci di frecce prima di sbarcare, tra l’850 e il 950, invasero l’Inghilterra; anche nell’invasione Normanna, nel 1066, l’arco ebbe un ruolo fondamentale nella strategia di guerra: nella battaglia di Hastings, infatti, i Normanni fingendo di ritirarsi, ingannarono gli inglesi che venuti allo scoperto furono decimati da una pioggia di frecce; nel 1252 l’Inghilterra adottò l’Arco Lungo come arma nazionale, che si diffuse e perfezionò durante tutto il XIII secolo, siamo ai tempi del personaggio storico-leggendario di Robin Hood.

Il Long Bow era un arco molto lungo (2 metri) e molto potente (circa 150 libbre), quindi poco adatto a essere usato con mira selettiva o in maniera dinamica a livello tattico; l’utilizzo era più che altro strategico, ovvero nello fase dello schieramento degli eserciti, prima dell’assalto e del corpo a corpo, gli arcieri tirando a parabola davano vita a una pioggia di frecce che si abbatteva sulle linee nemiche, come una sorta di colpi di artiglieria.

Era realizzato con verghe di legno di tasso, il quale divenne talmente ricercato che re Edoardo I emise un decreto con cui proibiva la vendita di questo legno fuori dall’Inghilterra e le navi che tornavano in patria dovevano riportare un carico di verghe di tasso per assicurare una provvista all’esercito.

Ruolo fondamentale ebbero gli arcieri nella Guerra dei cent’anni (1337-1453) con cui l’Inghilterra sconfisse la Francia.

Nel 1545 Roger Ascham scrisse il primo trattato sull’arcieria, il Toxophilus, e per questo ricevette dal re Enrico VIII una pensione a vita e la nomina di istruttore di corte; il re emise poi un decreto con il quale ordinava che ogni paese affiggesse un bersaglio con cui tutti gli uomini (dai 7 ai 60 anni) si dovevano esercitare a tirare da 200 yarde.

L’arco rimase l’arma da guerra più importante fino al 1588, quando l’Inghilterra dovette affrontare l’armata spagnola servendosi, però, delle armi da fuoco.

L’utilizzo dell’arco per caccia e in battaglia cadde quindi in disuso nel corso del XVII secolo con il diffondersi delle armi da fuoco; permase però l’utilizzo a scopi ricreativi e/o agonistici, che si accentuò nel XX secolo in particolare in Europa e negli Stati Uniti.

In Oriente, l’arco evolve diversamente: erano principalmente archi corti, per essere usati agevolmente a cavallo; “composti”, cioè realizzati con materiali eterogenei: una sottile anima di legno, tendini di animale sul dorso per sopportare gli sforzi di trazione, corno sul ventre per far fronte alla compressione.

Sembra che questa tipologia di arco fosse già presente nel III millennio a.C. in Mesopotamia e in Asia settentrionale.

Sulle dimensioni e forme occorrerebbe un trattato specifico perché i diversi popoli del continente asiatico, nelle diverse epoche ne produssero di ogni genere; in estremo Oriente prevalsero archi, corti, “composti” e “ricurvi”, molto potenti e maneggevoli; caso a parte è l’arco asimmetrico giapponese, utilizzato nel moderno Kyudo.

Arco 2

In Occidente l’arco è stato prima strumento per la caccia e arma sui campi di battaglia, poi sport; in Oriente, invece, pur essendo stato usato in guerra, era ed è tuttora usato anche come strumento di meditazione.

Divenne presto, infatti, una pratica Zen (filosofia mistica Buddista della Scuola Chan o Zen, appunto): il praticante deve sgomberare la propria mente da ogni ansia legata al risultato (punteggio, performance, ecc.) per divenire tutt’uno con il bersaglio, creando lo stato di coscienza detto Non-Mente e dilatando la propria consapevolezza.
Arco 4Lo Zen è una filosofia mistica, una Via per il compimento spirituale dell’individuo attraverso il risveglio; risveglio dalla condizione umana confusa dai falsi bisogni e dal desiderio, che allontana l’Uomo dalla spiritualità e dal cogliere la Realtà essenziale; per perseguire questo scopo lo Zen si serve di pratiche e discipline (l’Arte della Spada, del Tiro con l’arco, della Cerimonia del the, della Meditazione, ecc.) che promuovono l’autocontrollo, una condizione in cui non ci si sofferma su nessun pensiero e desiderio.


Tirare con l’arco “non per imparare a farlo e, successivamente per eccellervi, ma, piuttosto, per ricevere da questa pratica un’influenza spirituale per mezzo dello sviluppo del carattere e dell’autocontrollo”
; usando la disciplina per esercitarsi a creare la Non-Mente: questo stato di vuoto interiore, o meglio di assenza di pensiero fisso, consente di “Non-Agire” (agire spontaneamente, senza l’intervento del pensiero), che è un requisito essenziale per raggiungere quell’abilità che va oltre la tecnica.

In una mente priva di pensieri, dove non c’è coscienza di sé o dell’avversario e nella quale non esiste la paura della sconfitta o il desiderio di vittoria, si concretizzano le risposte adeguate a ogni situazione; interno ed esterno si armonizzano, consentendo così una reazione spontanea  e appropriata.

Per meglio comprendere quest’ultimo aspetto del Tiro con l’arco si consiglia la lettura del libro Lo Zen e il tiro con l’arco di Eugen Herringel; professore tedesco di filosofia che, volendo essere introdotto allo Zen, nel 1924, mentre si trovava in Giappone, viene introdotto alla pratica del Kyudo, la “Via dell’arco”.